La storia di Coletta
Tratta da: GALLINI C., Antico Borgo Coletta, EDIPRIMA, Piacenza, 2009.
Collocare storicamente l’antico borgo di Coletta non è cosa facile, soprattutto per le poche fonti e la scarsa presenza di documenti rilevanti presso gli archivi; nemmeno gli storici piacentini citano Coletta con il suo antico oratorio nei loro libri di storia ecclesiastica; lo faranno invece di Groppallo.
Un grosso spiraglio di luce l’abbiamo, invece, analizzando la relazione sulla Via degli abati scritta dallo storico Giovanni Magistretti.
Già alla prima lettura viene istintivo collocare l’antico cantone di Coletta lungo questa importante via di comunicazione soprattutto per la sua posizione geografica, posta a destra del rio Lavaiana, ma anche per altri aspetti che ruotano attorno a questa antichissima strada.
Il territorio di Coletta, come del resto tutta l’alta val Nure, posta a destra del fiume Po, era abitato fin dall’Età del Ferro dalle antiche popolazioni Liguri. Secondo l’erudizione dello storico P. Stanislao Bardetti, questo popolo Ligure era di alta statura, di carnagione bianca e molle con chiome di capelli lunghi e biondi. Il loro cibo era costituito da erbaggi, radici, latte, frutta e cacciagione.
A quel tempo non esistevano dei veri e propri paesi, ma solo aggregati di abitazioni divisi da sentieri o canali.
Successivamente intorno al II secolo a.C.l’intero territorio fu occupato dalle unità militari romane che costituirono numerosi nuclei in tutta la vallata. Resistono ancora oggi i toponimi tipicamente romani e testimonianze come la Tabula Alimentaria che danno conferma di tutto ciò, ma per questo è meglio approfondire separatamente.
E’ ormai certo invece che Coletta abbia rappresentato una tappa di grande interesse nella storia e nella comprensione della Via degli Abati tra
il VII ed il IX secolo, ed allo stesso modo è intuitivo affermare che in quegli anni Coletta avesse ospitato, seppur di passaggio, i primi insediamenti abitativi del borgo.
La Via degli Abati era ed è un cammino che congiungeva la città di Bobbio con Roma fino a che gli abati ed i monaci dell’abbazia di San Colombano ebbero l’esigenza di corrispondere con Roma con una certa frequenza.
La storia di questo cammino per essere meglio compresa e per abbracciare la tesi di una forte correlazione con l’abitato di Coletta, necessita però di avere una premessa, con la narrazione del cammino di vita di un monaco, abate e missionario irlandese chiamato Colombano (Leinster, Irlanda 543 circa, Bobbio 23 Novembre 615) noto in tutta Europa per aver fondato chiese e monasteri portando l’evangelizzazione e la conversione al cattolicesimo a pagani ed ariani.
La Via degli Abati ha un forte legame proprio con San Colombano conosciuto anche come scrittore e poeta e persona dotata di un carisma oltre il normale.
Egli fu fondatore del monachesimo occidentale per la sua grazia divina ma soprattutto per i suoi viaggi, le sue peregrinazioni e le sue iniziative
culturali. Colombano infatti divulgò la cultura libera e le arti in tutta Europa grazie alla fitta rete di cenobi colombaniani dislocati sulla Via degli
Abati e sulla futura Via Francigena.Ai nostri giorni, Papa Benedetto XVI lo ha definito “Santo Europeo” e lo stesso Colombano in uno
scritto indicò che gli stessi europei devono essere un popolo unico, “un corpo solo” che viene unito da radici cristiane in cui le barriere etniche e culturali vanno superate; inoltre utilizza per la prima volta l’espressione latina “Totius Europae".
Il monastero di Bobbio costituì per il periodo che va dal VII al XI secolo la “Montecassino del Nord” perché importante centro culturale.
Bobbio costituiva altresì un importante centro strategico dal punto di vista geografico, ma soprattutto viario in quanto era la via sicura per raggiungere Roma da nord, fino a quando monte Bardone (l’attuale zona della Cisa) rimase controllato dai Bizantini.
Gli abati di Bobbio nella prima fase di vita del monastero erano persone di grande importanza che raggiungevano la val Trebbia attratti dal fascino culturale, religioso e politico che il nome di Colombano e la potenza del monastero esercitavano sulla società del tempo.
Alcuni di questi abati erano residenti a Bobbio altri invece erano solo di passaggio, incassavano le rendite e ripartivano verso Roma per mantenere i contatti con il Papa o si recavano dal re o dall imperatore nelle rispettive corti.
Attorno al X secolo i monaci di Bobbio arrivarono ad avere imponenti possedimenti che andavano da piccole aziende agricole, fino all’unione di diversi poderi.Questa potenza economica scatenò grandi lotte di interesse con i rivali Vescovi e Conti che obbligarono i monaci a recarsi sempre più spesso a Roma dal Papa di turno, a rinnovare i privilegi accordati ed anche con l’imperatore a Pavia e Milano: questo avvenne soprattutto tra il VII ed il XII secolo.
Questo percorso battuto attraverso gli Appennini, dai monaci di Bobbio è quello che denominiamo Via degli Abati.
La via partiva da Bobbio percorreva trasversalmente la valle del Nure, del Ceno, del Taro e del Verde fino a Pontremoli dove si collegava al tracciato principale verso sud per Roma.
Allo stato attuale lo studio del percorso è avvenuto anche attraverso la conoscenza dei possedimenti dell’abbazia di Bobbio ed un’approfondita analisi del territorio che ha portato a determinare il percorso seguito per un certo periodo di tempo dai monaci e dai pellegrini, per gli spostamenti verso Roma.
Il percorso ipotizzato sembrerebbe essere una via di collegamento tra Bobbio, Boccolo dei Tassi, Bardi, Borgo val di Taro ed infine Pontremoli. Questo itinerario non era utilizzato soltanto dai monaci di Bobbio per i loro “affari” ma anche da monaci irlandesi e laici che nel pellegrinaggio verso Roma si fermavano a Bobbio a far visita al sepolcro di San Colombano.
Un dato molto rilevante è la gestione dei monaci di Bobbio di un’ospizio a Piacenza presso la chiesa di Santa Brigida destinato ad accogliere i pellegrini che da Piacenza si recavano a Bobbio e poi a Roma.
E’ facile intuire poi che sarebbe stato inutile, una volta arrivati a Bobbio, ritornare a Piacenza per immettersi sulla Francigena per Roma passando da Fiorenzuola, Bardi, Borgotaro, Pontremoli, etc.
La via appenninica era di gran lunga più veloce rispetto alla “via dei monasteri” (214 Km contro 105 Km), ed è palese affermare che fosse anche più sicura. In una visione d’insieme questo percorso tra Bobbio e Pontremoli, si può suddividere in due sezioni; la prima che va da Bobbio fino a Boccolo Tassi e l’altra che da Bardi arriva fino a Pontremoli.
La parte che a noi è più di interesse è certamente la prima sezione, perché con un fascio di strade che attraversavano la val Nure, si potrà dimostrare che la Via degli Abati passava anche a Coletta.
La determinazione delle varie tappe e ipotesi di passaggio, si basano su testimonianze e segni di epoca altomedievale, sentieri, fontane e luoghi di sosta.
Giovanni Magistretti nel suo contributo allo studio di questa importante via di comunicazione, analizza diverse ipotesi di passaggio, e quella che a noi interessa e affascina maggiormente è sicuramente il tratto Bobbio - Coli - Pescina - Nicelli - Centenaro - Boli - Banzolo - Linguadà - Boccolo dei Tassi - Bardi.
Questo percorso presenta tantissimi riscontri sia sotto l’aspetto storico che logistico; analizzandolo passaggio per passaggio e soffermandoci maggiormente in val Nure, possiamo affermare che Coli è legato a Bobbio per la via che portava alla spelonca di San Michele e seguendo il crinale si arrivava a Pescina e poi fin su all’Aserei dove il paesaggio domina e scende a Nicelli,
luogo molto antico citato anche sulla Tavola Alimentaria di Veleia. A Nicelli riscontriamo edifici in pietra con qualche reperto altomedievale di importante rilevanza come un edificio fortificato dall’aspetto interessante sotto il profilo architettonico.
Centenaro risulta invece già essere abitato in epoca romana.Pier Maria Campi cita Centenaro compreso tra i beni del monastero di Bobbio.
A Boli invece esisteva un castello, oggi ormai distrutto, che serviva a guardia dei passaggi sul Nure, Lavaiana e Lardana.
Banzolo invece viene citato tra i possedimenti del monastero di Bobbio in un atto che il Cipolla considera falso; viene invece nominato in un documento delle "decime ospitaliere" medioevali.
Questa lunga e spero avvincente narrazione si è resa necessaria perché il villaggio di Coletta è geograficamente e storicamente congiunto alla Via degli abati.
Osservando il percorso effettuato dai pellegrini e con le varie ipotesi di varianti analizzate da Giovanni Magistretti nel suo contributo al cammino, è facile intuire che Coletta è zona di passaggio che facilmente permette di raggiungere Boccolo Tassi via Mangiarosto - Monecari
- Comineto. Altrettanto facilmente si arriva invece a Coletta risalendo dal fiume Lavaiana in prossimità di Boli.
E’ un percorso alternativo che costituisce anche una scorciatoia per raggiungere più velocemente il confine con l’attuale provincia di Parma, infatti è conosciutissima l’antica mulattiera che dall’attuale strada per Bedonia in corrispondenza del ponte sul Lavaiana porta a Coletta passando in prossimità della prateria denominata “Ramè” poi verso la “Terra della noce”, e si arriva nella zona occidentale del villaggio in prossimità dell’Oratorio.
Continuando su questa strada, lasciandosi il Sacello e l’abitato alle spalle si arriva istintivamente su un altro antico sentiero che collega Coletta direttamente al paese di Mangiarosto o volendo a Monecari, poco distante.
In prossimità del crocifisso della Missione Campestre, si trova infatti un bivio che induce a sinistra un percorso in salita che attraversando zone boschive e alternate aperture arriva fino a Mangiarosto e/o Monecari in meno di quaranta minuti a piedi.
Il percorso tocca le zone delle “Barche” e “Casa della forca” dove tutt’ora troviamo delle tracce di antichi insediamenti che testimoniano maggiormente il passaggio di viaggiatori con primordiali segnali abitativi del paese.
Probabilmente i primi insediamenti stanziali a Colettaerano collocati proprio a metà strada tra l’attuale posizione del villaggio e il caseggiato di Mangiarosto, dove ora c’è un bosco e si trovano ancora delle rovine di costruzioni.
Attualmente il tratto non è più quasi praticabile per l’incuria ormai protratta nel tempo e per la presenza di fitta vegetazione, ma i “vecchi” del paese raccontano che quel percorso era fortemente battuto ancora negli anni cinquanta per raggiungere l’abitato di Mangiarosto e Monecari a piedi, a cavallo o con il fuoristrada.
Anche gli abitanti di “Le Moline” e “Montereggio” erano soliti utilizzare quella mulattiera per raggiungere l’abitato di Coletta o per raggiungere la scuola a Cantoniera.
E’ facile poi intuire che ai tempi del pellegrinaggio sulla Via degli Abati bastava una frana o una piena del fiume per ostacolare il percorso ufficiale e così si doveva trovare presto una variante del cammino.
La variante Boli – Coletta – Mangiarosto - Comineto, permetteva di raggiungere in circa un’ora e mezza Boccolo dei Tassi.
E’ importante sottolineare che questo tragitto permetteva di raggiungere lo xenodochio di Banzolo, forse allora proprietà del monastero di Bobbio, e transitava sicuramente a Comineto dove la venerazione del Santo longobardo Michele Arcangelo avvalora la nostra ipotesi.
Il percorso ipotizzato rappresentava inoltre una vantaggiosa alternativa in caso di calamità naturali o in presenza di pericoli.
Coletta è poi situata su una collina adatta alla difesa e all’avvistamento di potenziali ladroni e saccheggiatori nonostante vi fosse proprio a ovest, nella zona del “Castellone”, una fortezza a guardia del fiume dove la storia mista a leggenda narra anche dell’esistenza di un pozzo
profondissimo con lame appuntite per punire i banditi.
Invece è certa la presenza di una fortificazione in quanto anche le ultime arature davano alla luce numerosi ritrovamenti.
Risulta ancor più emozionante sapere che proprio su quei sentieri che attraversano Coletta siano passati, questi messaggeri di pace che dovrebbero essere l’esempio di vita per tutti noi.
BIBLIOGRAFIA:
C. GALLINI, Antico Borgo Coletta, EDIPRIMA, PIACENZA, 2009.
G. MAGISTRETTI , “Contributo per una ricerca su ‘La Via degli Abati’ di Bobbio: Da Bobbio a Pontremoli per Roma”, in F.G. Nuvolone (a cura di), “La fondazione di Bobbio nello sviluppo delle comunicazioni tra Longobardia e Toscana nel Medioevo”, Archivium Bobiense, Studia III, Bobbio 2000.
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