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 Antico Borgo Coletta - I vecchi rimedi
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I vecchi rimedi

In queste righe, dedicate alle cose fatte “al tempo dei nostri nonni”, voglio dare un piccolo spazio alla cura dei malanni più banali, con l’utilizzo di semplici rimedi “fatti in casa” che nella maggior parte dei casi funzionavano davvero.

A quei tempi, a Farini, c’era Il dottor Mitti, medico condotto, interpellato soltanto per casi davvero gravi quali ad esempio una polmonite o una difficile infezione che richiedeva un’iniezione o la somministrazione di un farmaco come la penicillina.
Come ogni medico del tempo, il dottor Mitti era anche dentista e ci si rivolgeva anche per le estrazioni di denti cariati o dolenti e in rari casi per la cura di un molare.
Se si abitava lontano da Farini, e c’era bisogno del dottore, si doveva partire con il cavallo e raggiungere la sua abitazione.
Il dottore, una volta allertato, partiva con la sua moto ma spesso e volentieri il tragitto in sella era breve perché le strade erano per lo più sentieri e conveniva proseguire a piedi su erti percorsi.
A Farini si trovava anche la farmacia; I medicamenti più ricorrenti nella nostra montagna degli anni quaranta-cinquanta erano: l’Aspirina come antinfiammatorio, il Maalox per l’acidità di stomaco, il Saridon come analgesico, e la Magnesia S. Pellegrino per combattere la stitichezza.
Molti di questi farmaci esistono tuttora, verosimilmente in formulazioni più moderne; quello che invece è andato perso completamente è il rimedio fatto in casa, il classico rimedio della nonna, tramandato di generazione in generazione.
Il medicamento per eccellenza, che non poteva mancare in nessuna casa ai quei tempi, era l’utilizzo della sugna ricavata dall’uccisione del maiale, tipica usanza di ogni famiglia nei mesi invernali, e conservata in vasetti di vetro.
La sugna (in dialetto sönza) è un grasso ricavato dall’adipe del maiale, simile allo strutto ma senza cotenna e tessuto fibroso, che era impiegato in diverse patologie, rossori e bruciori, dovuti a colpi e botte che avvenivano per la maggior parte lavorando nei campi o a causa di un
calcio ricevuto da un cavallo.
Il trattamento dell’ematoma, consisteva nell’appoggiare una porzione di sugna sopra le parti dolenti e tenerle al caldo, ad esempio vicino alla stufa di casa, fino all’assorbimento dell’unguento, che assicurano i vecchi, aveva un’efficacia prodigiosa.
La stessa sostanza era impiegata anche in caso di malattie dell’apparato respiratorio in genere, soprattutto le bronchiti dei bambini.
Le mamme stendevano la sugna su di un foglio di carta da zucchero, bucherellato con un ago e appoggiavano lo stesso sulla stufa di ghisa rovente affinché si sciogliesse e una volta deposto direttamente sulla schiena e sul petto del bambino faceva passare magicamente tutti i malanni.

 

(Vasetti di sönza, Fonte: INTERNET)


I sessantenni di oggi raccontano le notti trascorse a letto con i fogli scricchiolanti di carta azzurra addosso, infagottati, quasi fasciati, da maglie e babbucce di lana.
Come curiosità, con la sönza si ungevano anche i lattonzoli (i maialini appena nati) che non erano propriamente in forma e rischiavano di morire; Una volta ben unti, si tenevano sotto la stufa dentro ad un cestino affinché il grasso venisse assorbito e dopo pochi giorni erano sani e
pronti a raggiungere i loro fratellini attorno all’”ärbi” (abbeveratoio dei maiali).
Quando invece il mal di gola era insopportabile, si facevano i gargarismi con acqua e aceto e, prima di andare a letto, si preparava una pappina di acqua e crusca che, una volta raccolta in un fazzoletto, era usata per fare degli impacchi sulla gola dolente.
Il mal di denti era curato in casa facendo dei gargarismi di acqua bollente e sale, vero toccasana. Una goccia d’olio d’oliva nel canale uditivo leniva invece i mal di orecchi dei nostri genitori e nonni.

Al bambino che aveva invece l’intestino pigro, gli si somministrava un bel clistere di acqua calda e camomilla e se proprio non funzionava, si adoperavano delle supposte ricavate dal sapone di marsiglia.
Un’antichissima procedura di guarigione molto particolare, in uso ancora fino alla metà del secolo scorso in maniera rilevante, era la segnatura.
La segnatura consisteva in alcuni gesti, come quello della croce, fatti con vari oggetti, tipo l’anello d’oro nuziale, sulla parte del corpo dolorante o interessato alla patologia.
Questa prassi, che sfiorava una sorta di rito pseudo - cristiano, era in voga soprattutto nella cura del fuoco di S. Antonio, ma anche per verruche, punture di vespe, orzaioli, bruciature e dolori in genere.
La tradizione montanara custodisce tantissimi altri rimedi e v’invito a scrivermi per integrare questo elenco affinché sia incrementato.

Claudio Gallini