Canto a Groppallo
Canto a Groppallo
Quant’è bella la nostra chiesa finalmente
completa e finita artisticamente!
La sua imponenza e la sua mole è tale
che delle chiese montane è cattedrale.
Eretta sul suo monte,
superba e maestosa;
si guardi pure in giro
e ne sia orgogliosa.
Spicca, alta nel cielo
solida, di viva pietra
Come Gesù volle
che la facesse Pietro.
E fu, proprio don Pietro
su questo monte di pietra
con tante pietre e pietrini
piantar la chiesa dei Groppallini
Oggi a Groppallo si fa festa alla chiesa.
Si fa festa a don Gorra e ai nostri padri
che han saputo dar l’avvio
a queste opere esemplari.
Attesero con fiducia
nel cimiter qui accanto,
che i loro figli, con lo stesso ardimento,
portassero la loro opera a compimento.
Festeggiamo grati don Antonio
e il dinamico curato
che per dare il colpo buono
hanno tanto tribolato.
E la festa sia per tutti, ognor
che seppur modestamente
si siamo un poco resi degni
di tutti lor.
Campane oggi suonate a distesa
spandete alle circostanti valli
l’armonia del vostro suono
a dire a tutti, che i groppallioni in festa sono.
E qui son convenuti
da vicino e da lontano
per festeggiare a cuor contento
il grande e lieto evento.
Lo dico a nome di tutti
lo dico con tutto il cuore
chi Groppallini nasce
Groppallino muore
Gaspare Carisetti
(Fonte: Groppallo '67)
(Il monte castellaro e la chiesa di Groppallo, ripresi da Coletta. foto di Claudio Gallini)
Giànetu, rocca da Camulèra
Giànetu, rocca da Camulèra*
di Claudio Gallini ©
U me nòn, Castélfort dà Culëta.
Giànetu, ròcca da Camulèra, acqua da Buràsca,
cõn u fasulët ẽn testa, u capèl o cõn sö a brëtta,
l’é sẽmpar elegãnt, õn Cavaliér e a sò cavàlla.
Tütta a valà, a ciàma Giuvàn,
da ra Bëtra a Bàrdi, da Piòn a e Frér.
Ẽn sal marcà d’ẽnvéran cõn u pastràn,
all’ustarìa, a u cad, cõn i amìś sincér:
Piciòn da Bòri, Frãncu ad Casimurèn
Gigiòn só parẽnt e Pìnu ad Tugnèn.
Dariòn ad fõnd, Piròn de Murèn
Màriu ad Gaià e Càrlu u maslèn.
I bö sùtta a léśa, i tìran cõn u śù,
adnàns, Gianètu cõn a fùrca ẽn spàlla.
U pòrta érba mëdga, lègna e rüd,
a pàia l’é prõnta prù lèt da stàlla.
“O Mària sùm che, dàm õna màn,
g'hó õn cavàgn ad galët, tüt bei nustràn”.
“Oh Gianètu che bòn, i maiùm ista sira,
mé ho fàtt ar pàn, savìs che fadìga”.
Pës da Lardàna e spinarö de Ramé
vèn da töppia e tãnt pàs a pé.
U g'hà mìa ad segréti, l’é una storia vèira,
Giuàn l’é un bagàì, õna rocca da Camulèra.
Claudio Gallini
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(Giannetto Cavanna, di ritorno dal "Mulino del Bianco" con i buoi aggiogati alla "Léśa")
* Il dialetto di questa poesia è quello groppallino, ma con le sfumature tipiche di Coletta. Si noti l'utilizzo di "U" per l'articolo determinativo maschile (es: U pàn, il pane), che abbraccia un dialetto tipicamente ligure e si discosta notevolmente, in questi termini, dal dialetto di Piacenza città.
Un'altra caratteristica del nostro dialetto (dù nòss dialët), molto evidente in questa poesia riguarda l'utilizzo dell'articolo determinativo femminile "La". A Coletta "La" muta talvolta in "Ra". Nella poesia si noti come viene chiamato il paese di Bettola, "Ra Bëtra", ovverosia, "La Bettola" che in genere, nel dialetto piacentino, è appellata "La Bëtla".
Alcune ulteriori annotazioni:
Camulèra: Monte Camulara; cima posta di fronte a Coletta che si affaccia sul rio Lardana.
Buràsca: Monte Burrasca; da questa altura, posta nei pressi di Montereggio, nasce la fonte che abbevera Coletta, Ca Gregorio e Le Moline.
Léśa: Treggia. Slitta in legno trainata da buoi, utilizzata un tempo per trasportare erba, legna e letame.
Śù: Giogo utilizzato per la trazione animale di carri, slitte in genere.
Ramè: Prateria di Coletta che diparte dal cantone settentrionale del borgo e sfiora quasi la strada provinciale che giunge da Cantoniera (SP51).
TRADUZIONE IN ITALIANO:
Giovanni roccia del monte Camulara
Il mio nonno, roccaforte di Coletta.
Giovanni, roccia del monte Camulara, acqua del monte Burrasca.
Con il suo fazzoletto in testa, il cappello o con addosso il berretto
è sempre elegante, un Cavaliera e la sua cavalla.
Tutta la vallata chiama Giovanni
da Bettola a Bardi, da Pione e Ferriere.
Sul mercato in inverno col pastrano
all'osteria al caldo con gli amici sinceri.
Il "Piciòn" di Boli, Franco di Cassimoreno
Gigione suo parente e Pino di Antonio.
Andrea "di fondo", Pietro di Le Moline
Mario di Galliate e Carlo il macellaio.
I buoi aggiogati alla treggia stanno trainando un carico,
davanti GIovanni con una forca sulla spalla.
Porta erba medica, legno e letame.
La paglia è pronta per la lettiera della stalla.
"Oh Maria sono qui, dammi una mano,
ho un cestino di finferli, tutti bei nostrani".
"Oh Giovanni che buoni, li mangiamo questa sera,
io ho fatto il pane, sapessi che fatica!"
Sito in costruzione
Un saluto a tutti dalla verdeggiante Coletta!